Gli obblighi d’informazione gravanti sul mediatore

Ai sensi dell’art. 1759, co. 1°, c.c., «Il mediatore deve comunicare alle parti le circostanze a lui note, relative alla valutazione e alla sicurezza dell’affare, che possono influire sulla conclusione di esso».

L’espressione «circostanze relative alla valutazione e alla sicurezza dell’affare» ben può essere riferita, oltre che alle circostanze idonee ad influire sulla decisione di concludere l’affare, anche a quelle che avrebbero indotto le parti a concludere l’affare a condizioni diverse (C 84/2277, C 06/5777, C 09/16382, in motivazione).

In particolare, possono essere comprese fra le circostanze di cui si tratta quelle idonee a consentire una corretta valutazione circa la serietà delle trattative intraprese (CARRARO, La mediazione, 160).

L’orientamento tradizionale, facendo leva sulla precisazione «a lui note», intesa in senso letterale, addossava al mediatore l’obbligo di comunicare alle parti intermediate esclusivamente le circostanze relative alla valutazione e alla sicurezza dell’affare di cui avesse avuto conoscenza.

Si negava, in altre parole, in mancanza di uno specifico incarico, la configurabilità, in capo al mediatore, di qualsivoglia obbligo di assumere informazioni, così come la configurabilità di un obbligo di verificare la veridicità delle informazioni conosciute, e perciò da comunicare (cfr. AZZOLINA, La med., Tr. Vassalli, 93, MARINI, La mediazione, Comm. Schlesinger, 135; CATAUDELLA, Med., Enc. g. Treccani, 7, nonché CARRARO, cit., 160; C 93/5938, C 93/6219).
Dall’obbligo di comunicazione si ritenevano escluse unicamente le circostanze, conosciute, che il mediatore avesse saputo però essere false.

Un obbligo di assumere informazioni era considerato da taluni configurabile solo con riguardo alla solvibilità e alla capacità delle parti, in considerazione di quanto disposto nell’art. 1764, 3o co., c.c. (ai sensi del quale «il mediatore che presta la sua attività nell’interesse di persona notoriamente insolvente o della quale conosce lo stato d’incapacità» è soggetto alla pena dell’ammenda da Euro 5 a Euro 516 e alla sospensione dalla professione fino a sei mesi) (CARRARO, ivi, 153), potendosi da quella norma trarre che le informazioni relative alle circostanze appena citate debbono essere conosciute dal mediatore (ma, contra, v. CATRICALÀ, Tr. Rescigno, XII, 417ss.; CATAUDELLA, ibidem).

L’orientamento tradizionale è stato quindi superato in considerazione dell’accento che la l. n. 39 del 1989 ha posto sul carattere «professionale» dell’attività del mediatore, carattere dal quale si è tratto

  1. che costui, quale esperto del settore che, nello svolgimento delle sue attività, deve impiegare la diligenza qualificata richiesta dall’art. 1176, 2o co., c.c., deve intendersi tenuto a comunicare alle parti non solo le circostanze a lui note, bensì anche quelle a lui non note, ma conoscibili mediante l’uso della diligenza richiesta ad un operatore, appunto, professionale; e carattere dal quale si è tratto, altresì, che
  2. per le medesime ragioni, il mediatore deve ritenersi inoltre tenuto a controllare l’esattezza delle informazioni che fornisce, tanto di quelle a lui già note quanto di quelle delle quali venga a conoscenza in adempimento dell’obbligo d’informarsi di cui si è appena detto (C 99/4791, C 01/4126, 01/6714, C 03/16009, C 06/5777, C 08/19951, 09/8374).

L’ampiezza di questo obbligo d’informarsi si è poi chiarito che non è sempre la stessa, bensì va determinata caso per caso, in considerazione delle caratteristiche dell’affare e del livello di organizzazione del mediatore (cfr. C 03/16009, C 01/4126, C 99/5107, C 99/4791, Trib. Milano 27- 1-1998, Rass. d. civ., 417, con nt. adesiva di SALOMONI).

Si tende, comunque, ad escludere che l’obbligo d’informarsi possa mai ritenersi esteso, in difetto di uno specifico incarico, all’esecuzione di indagini di natura tecnico – giuridica – quali le visure ipocatastali –, rientrando, queste ultime, nel campo di attività tipicamente (anche se non necessariamente) proprio di un’altra figura professionale, e cioè del notaio (cfr. C 99/ 4791, C 99/ 5107, C 06/822, C 06/15274).

Anche se non sono mancate pronunce in senso contrario, come quella di Trib. Monza 7-4-08, Pluris, secondo cui l’accertamento dell’esistenza di iscrizioni pregiudizievoli da parte del mediatore costituisce un onere di conoscenza che deve necessariamente essere considerato strumentale al corretto adempimento dell’incarico ricevuto, e quella di C 09/16382 (in motivazione), secondo cui il mediatore, «In particolare, … è tenuto a comunicare: … l’esistenza di iscrizioni o pignoramenti sul bene, oggetto della conclusione dell’affare».

Una posizione che si potrebbe definire intermedia è stata poi assunta, sul punto, da C 01/4126, la quale, pur avendo escluso che, in linea di principio, gravi sul mediatore, in difetto di un espresso incarico, l’obbligo di compiere le visure ipocatastali, ha però riconosciuto che un obbligo di procedere alle stesse, sempre tenuto conto, in particolare, del livello organizzativo del mediatore, potrebbe ritenersi anche implicitamente fondato sulle caratteristiche del caso concreto.

Al di là della questione di cui si è appena detto, relativa alla possibilità di ritenere oppure non anche il compimento delle visure ipocatastali quale attività da compiere necessariamente affinché possa ritenersi adempiuto l’obbligo d’informazione granate sul mediatore, può segnalarsi come informazioni che il mediatore deve acquisire siano state nei vari casi ritenute, in ispecie, quelle concernenti la piena o parziale titolarità dell’immobile (C 96/1102, in motivazione), la destinazione dell’immobile in base agli strumenti urbanistici in vigore (C 03/16009), l’eventuale stato di insolvenza di una delle parti (C 01/6389, C 03/16009, in motivazione, C 09/16382, in motivazione), l’esistenza di prelazioni e opzioni (C 09/16382, in motivazione).

Particolarmente significativo dal punto di vista della definizione degli obblighi di informazione sussistenti a carico del mediatore appare poi il seguente passo tratto dalla motivazione di C 09/8374: «ribadito (Cass. 7681/1999) che chi promette di acquistare un immobile ha diritto di esser edotto di qualsiasi problema di carattere amministrativo od urbanistico ad esso inerente ed ha perciò diritto di conoscere se il bene che si impegna ad acquistare non solo è assolutamente conforme alle leggi ed ai regolamenti, oltre che alla concessione edilizia, ma ha anche ottenuto o meno la licenza di abitabilità (Cass. 8880/2000), ovvero se è in corso una qualche regolarizzazione dell’immobile, va riaffermato che il mediatore deve comportarsi in modo da non ingenerare equivoci sulla veridicità delle notizie rilevanti per la conclusione dell’affare non potendosi limitare a riferirle senza averne controllato la rispondenza a realtà e senza neppure effettuare tale precisazione – tanto più poi nella fattispecie, in cui, come evidenziato in narrativa l’immobile all’atto della vendita dalla società Edilgreen alla C., era sprovvisto dell’abitabilità – atteso che la professionalità della sua attività, prescritta dalla L. n. 39 del 1989, ha ampliato l’ambito dell’affidamento di colui che si rivolge al mediatore per concludere l’affare, e che il suo dovere di imparzialità, sussistente ogni qualvolta egli non è un agente immobiliare della sola parte venditrice, deve indurlo a riequilibrare l’asimmetria informativa dell’una parte rispetto all’altra sulla sicurezza e convenienza dell’affare (art. 1759 cod. civ., comma 1)».

In conclusione, occorre prendere atto della circostanza che l’obbligo d’informazione a carico del mediatore, nel corso degli ultimi anni, in considerazione della «professionalizzazione» (sulla quale, v. anche C 06/19066) della figura attuata con la l. n. 39/1989 e della conseguente possibilità di richiamarsi, quale parametro per la valutazione della sua attività, alla diligenza del professionista di cui al co. 2° dell’art. 1176 c.c., si è notevolmente ampliato, certamente risultando oggi esteso, oltre che alle circostanze note al mediatore, anche a quelle da lui conoscibili con la diligenza, appunto, del «professionista».

Fino a che punto l’obbligo d’informazione si sia ampliato, è difficile dire. Un limite sembrava essere stato individuato nel compimento di attività tecnico-giuridiche, e specialmente nell’esecuzione di visure ipocatatstali, trattandosi di attività tipicamente (anche se non necessariamente) di competenza di un diverso professionista, e cioè del notaio. Ma anche questo limite è poi stato superato, in un’ipotesi avendo riguardo alle specifiche circostanze del caso concreto e in un’altra addirittura su un piano generale, comprendendosi anche l’esecuzione delle visure ipocatastali fra le attività che pure il mediatore ha l’onere di compiere, se non vuole risultare inadempiente all’obbligo d’informazione che su di lui grava.

Certo è, comunque, che esiste una evidente tendenza ad ampliare sempre più l’ambito della responsabilità per informazioni del mediatore e a tutelare sempre maggiormente le parti intermediate.